

O a News Tab, sezione che dovrebbe iniziare a essere testata a fine ottobre negli Stati Uniti con contenuti concessi in licenza dagli editori di giornali. Nello specifico, a Watch ( c’è già un piccolo test negli Stati Uniti), che potrebbe così andare a competere direttamente con Netflix, Disney e il resto della carica dello streaming video. Per quello che riguarda il futuro, l’eliminazione della dichiarazione di gratuità può far pensare anche alla decisione, a un certo punto, di offrire su abbonamento l’accesso ad alcune parti di sito e app.
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Parliamo di una pagina interna, da trovare, cliccare e consultare, mentre la novità di inizio mese coinvolge lo spazio in cui atterra dallo schermo del pc (mentre dallo smartphone non c’è alcuna descrizione) qualsiasi potenziale nuovo iscritto. E ha ottenuto la modifica: nelle Condizioni d’uso si legge che «anziché richiedere all’utente un pagamento per l’utilizzo di Facebook o degli altri prodotti e servizi coperti dalla presenti Condizioni, Facebook riceve una remunerazione da parte di aziende e organizzazioni per mostrare agli utenti inserzioni relative ai loro prodotti e servizi». In aprile, inoltre, nel post Cambridge Analytica la Commissione europea ha intimato al social di spiegare in modo chiaro sulle sue pagine perché non addebita alcun costo. «Dovrà essere recepita entro il 1° luglio 2021 e troverà applicazione a partire dal 1° gennaio 2022», aggiunge, sottolineando come difficilmente la mossa di Facebook sia riconducibile alla norma ma che «sicuramente la descrizione così è più corretta in termini di veridicità e correttezza del messaggio». E tra due anni e quattro mesi saranno più tutelati nei confronti della direttiva europea 7 che, come spiega l’avvocato Ernesto Belisario, «trova applicazione anche quando la controprestazione del consumatore è costituita non dal pagamento di un prezzo ma dalla fornitura di dati personali». Non sono arrivati a tanto (o a questo minimo sindacale), ma a Menlo Park hanno quantomeno deciso di evitare equivoci sul fatto che agli utenti non viene richiesta alcuna forma di pagamento. Lo scorso dicembre il Garante italiano della Concorrenza ha ben spiegato- infliggendo al colosso una multa da dieci milioni di euro - come sulla pagina Facebook che accoglie i potenziali iscritti sarebbe stato necessario «un adeguato immediato richiamo all’attività di acquisizione e utilizzo dei dati degli utenti a fini commerciali». Qui TJ MCIntyre, presidente di Digital Rights Ireland, spiegaperché è importante esserne consapevoli per continuare a godere di prodotti e servizi che sono ormai irrinunciabili nel nostro quotidiano). Ma è anche vero che i nostri dati hanno un valore su cui si basa la quasi totalità del modello di business dei colossi digitali (vendono spazi e formati pubblicitari agli inserzionisti grazie alla loro capacità di indirizzare minuziosamente i messaggi verso utenti e gruppi di utenti di cui conoscono abitudini, scelte, preferenze, desideri, progetti, ecc.

Ormai è chiaro come il concetto di gratuità di questa e delle altre piattaforme sia aleatorio: quando ci iscriviamo a Facebook (o apriamo una casella di posta Gmail o usiamo Google Maps) non dobbiamo mettere mano al portafoglio e non sono previsti pagamenti per sbloccare funzioni aggiuntive durante l’utilizzo, mai. Non è bastato, pare: a quanto risulta, Facebook è intervenuto sulla homepage anche per venire incontro alle perplessità dei regolatori. Se Facebook si professa gratuito, come fa a incassare 55 miliardi di dollari all’anno? «Senatore, noi vendiamo pubblicità», aveva replicato a caldo Mark Zuckerberg al repubblicano Orrin Hatch. Negli ultimi turbolenti due e mezzo, è stata oggetto di richieste di chiarimenti da parte delle autorità di mezzo mondo. Perché, allora, fare una modifica così rilevante? Lecito chiederselo, visto che la frase troneggiava da dieci anni sotto il marchio della piattaforma.

Ok: nessuno ci chiederà di pagare per usare il social, adesso e negli anni a venire, sostengono. Le persone potranno sempre connettersi a Facebook gratuitamente», ha commentato al Corriere un portavoce dell’azienda. «Aggiorniamo regolarmente i nostri prodotti, comprese le landing page di Facebook.

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La modifica risale a inizio agosto e coinvolge sia la versione americana sia quella europea (in inglese è passata da «It’s free and always will be» a «It’s quick and easy»). Andiamo con ordine: in pochi se ne saranno accorti, ma è sufficiente visitare da desktop la homepage del social network da 2,4 miliardi di utenti senza essere loggati per rendersi conto che il sottotitolo è cambiato: al posto di «Facebook è gratis e lo sarà sempre» adesso c’è scritto «È veloce e semplice».
